OSSERVATORIO FINDOMESTIC BANCA 2015-2016

VENTIDUESIMA EDIZIONE DELL’OSSERVATORIO DI FINDOMESTIC-BANCA SUL CONSUMO DI BENI DUREVOLI

FINDOMESTIC2016Come ogni anno la sezione dell’Osservatorio dedicata ai mercati torna ad analizzare le principali tendenze e caratteristiche dei consumi delle famiglie relativi ai beni durevoli maggiormente rilevanti in termini di potenziale di spesa finanziabile attraverso il credito al consumo, in particolare, per i mercati dell’auto e dell’information technology, nei quali il segmento business rappresenta una quota rilevante della domanda complessiva, vengono fornite, in aggiunta a valutazioni relative all’intero settore, alcune considerazioni riguardanti il solo segmento famiglie. Come sempre per tutti i comparti, l’analisi dei trend storici è corredata da stime sulla chiusura del 2015. Tutte le analisi, svolte da Prometeia, tengono conto delle informazioni congiunturali rese disponibili dalle principali fonti accreditate (Istat, data provider privati, associazioni di categoria, stampa specializzata), le quali vengono armonizzate e rese coerenti con i dati sui consumi delle famiglie di fonte ufficiale (Istat), le cui serie sono coerenti con il SEC2010. Le stime per la chiusura del 2015 fanno riferimento allo scenario macroeconomico e dei consumi di Prometeia, aggiornato a ottobre 2015, anno in cui, la crescita dell’economia mondiale ha visto un rallentamento, particolarmente penalizzata dalla debolezza del commercio internazionale riconducibile essenzialmente alla contrazione degli scambi commerciali con le economie emergenti. Le tensioni geopolitiche in Nord Africa ed in Medio Oriente, l’embargo della Russia, la minore crescita dei paesi emergenti (Brasile in primis) nonché la turbolenza sui mercati finanziari e valutari della Cina offuscano gli effetti positivi del miglioramento dei paesi industrializzati (USA e UE), che la revisione della contabilità nazionale sui dati del primo trimestre restituiscono tra l’altro più dinamici di quanto osservato nei mesi passati. In particolare, l’economia statunitense e dell’UE oltre a beneficiare della vivacità della domanda interna, attraverso la crescita dei consumi delle famiglie, godono di una protezione dalla debolezza del commercio mondiale che si configura per gli USA in una scarsa apertura al commercio estero e per l’UE in esportazioni sostenute per la maggior parte dagli scambi intra-area. Diversa la situazione del Giappone, la cui importante esposizione verso i mercati emergenti si è riflessa sulle esportazioni, che hanno registrato un contributo negativo già nel secondo trimestre del 2015 con ricadute sul Pil atteso. Le tensioni sul debito greco prima e i timori sulla Cina poi, unitamente alla minore crescita dei paesi emergenti, hanno infine inflitto una spinta al ribasso sui prezzi delle materie prime, inasprendo così le posizioni dei paesi esportatori netti e rischiando di imporre per tale via un impulso deflativo al ciclo economico mondiale. Nel 2015 l’economia dell’UE si conferma in crescita, sempre più sostenuta da fattori interni, in primis dai consumi privati. Il basso prezzo del petrolio e la bassa inflazione, che si traduce in aumento del potere di acquisto delle famiglie e dei profitti delle imprese, l’aumento dell’occupazione e l’intonazione espansiva della politica monetaria della BCE, che si traduce in maggiore liquidità all’economia reale dal parte del sistema bancario e finanziario, hanno corroborato lo sviluppo della domanda interna e per tale via la crescita dell’economia europea. Diverso però è il contributo alla dinamica del Pil da parte dei singoli paesi: la più bassa crescita della Germania, maggiormente esposta al commercio con i paesi emergenti e costretta a fare i conti con gli effetti della vicenda del gruppo Volkswagen, è compensata dalle buone performance dei paesi core dell’area e di quelli periferici, la cui dinamica della domanda interna è sufficiente ad annullare gli effetti del rallentamento del commercio internazionale. Le prospettive di crescita future per l’UE saranno però ridimensionate nel 2016, con il Pil in decelerazione, penalizzate dal possibile dispiegarsi degli effetti diretti e indiretti derivanti dalla minore crescita della domanda mondiale e dal trascinamento del caso automobilistico sul clima di fiducia dei consumatori. In un contesto di economia mondiale non favorevole, l’economia italiana, dopo aver interrotto alla fine dello scorso anno la lunga fase di recessione, è in ripresa, come indicano anche i dati congiunturali del 2015. A favorire questa crescita dell’Italia contribuiscono una serie di fattori: deprezzamento dell’euro e suo sostegno alle esportazioni, prezzo del petrolio basso e riduzione delle materie prime superiore al deprezzamento dell’euro stesso, politica fiscale espansiva e suo sostegno al reddito disponibile delle famiglie ed alla riduzione dei costi per le imprese, rafforzamento dell’effetto del QE sul credito. Segnali positivi si evidenziano anche nella ripresa dell’occupazione, con un’elasticità di reazione alla crescita superiore alla media storica, qualche incertezza si riscontra sulla dinamica della produzione industriale in quanto la ripresa fatica a diffondersi pari merito a tutti i settori industriali ma il clima di fiducia di famiglie e imprese è decisamente positivo. L’effetto complessivo sulla stima del Pil italiano per il 2015 è di un aumento dell’0,8%, grazie al traino degli investimenti in mezzi di trasporto, al processo di ricostituzione delle scorte, ai consumi delle famiglie ed in particolare al riavvio del ciclo dei beni durevoli. In un contesto internazionale in fase di deterioramento, sorgono dubbi sulla capacità dell’Italia di continuare il percorso di crescita avviato anche per il prossimo anno. Risposte positive arrivano però proprio dalle nostre imprese esportatrici che strutturalmente sono maggiormente resilienti alle turbolenze dei mercati di sbocco e che sembra abbiano già mostrato capacità di accrescere i mercati di destinazione e di allocare le esportazioni verso paesi a maggiore domanda. Le condizioni per uno sviluppo di medio termine ci sono ma perché si realizzino appieno è necessario dare avvio al ciclo degli investimenti, attraverso una politica industriale mirata.

Per il Lazio L’aumento non eccezionale del reddito pro capite si riflette in un andamento relativamente deludente dei consumi per i durevoli che crescono meno della media nazionale e di quella del Centro e anche la spesa per famiglia si posiziona al di sotto della media italiana. Nel 2015 il Pil della regione è tornato a crescere, evidenziando un andamento leggermente più rallentato della media nazionale. Anche il reddito disponibile per abitante è stato positivo, crescendo ad un ritmo dello 0,5% (0,8% in Italia). A livello provinciale l’indicatore a Roma è cresciuto in linea con la media regionale, mentre una maggiore dinamicità ha coinvolto Frosinone e Rieti (0,8% entrambe) e performance più deludenti si sono registrate a Latina (0,3%) e Viterbo, dove il reddito per abitante è rimasto stabile. L’indicatore nel 2015 ha raggiunto i 19.071 euro, appena 145 in meno rispetto alla media del Centro e 933 in più rispetto ai 18.138 dell’Italia. Il dato regionale, tuttavia, nasconde un notevole divario tra la provincia di Roma, che conta per oltre l’80% del reddito regionale, e le altre. In termini pro capite l’indicatore si è attestato, infatti, sui 21.040 nella capitale, consentendole di occupare il 15° posto nella graduatoria delle province italiane; decisamente più arretrato è invece il posizionamento delle altre province laziali, spaziando dall’82° posto di Viterbo (13.835 euro per abitante) all’87° di Latina (13.138), con Rieti (13.753 euro) e Frosinone (13.746 euro) in una posizione intermedia (84° e 85°, rispettivamente). L’aumento del reddito relativamente contenuto non ha impresso una spinta eccezionale ai consumi: la spesa per i durevoli nel 2015 è cresciuta del 4,5%, ossia meno del 6,4% dell’Italia, ma anche del 5,7% del Centro. In tutti i comparti, inoltre, la spesa ha seguito un andamento peggiore della media nazionale. Le auto nuove hanno presentato lo sviluppo più intenso (16,4%), seguite dal segmento dell’usato (2,6%) e dai motoveicoli (1,7%), mentre tanto per gli elettrodomestici quanto per i mobili l’incremento si è attestato sullo 0,9%. Analogamente a quanto accaduto in ciascuna regione italiana, la flessione ha interessato la spesa per l’elettronica di consumo (-12%) e per l’information technology (-3,7%). Tra le province gli acquisti per i beni durevoli hanno mostrato la dinamica più vivace a Viterbo (6,4%) e a Frosinone (4,7%), Latina si è allineata al 4,5% medio regionale, mentre non si è andati oltre il 4,4% a Roma e il 3,8% a Rieti. Nel 2015 la spesa per beni durevoli in Lazio si è attestata sui 1.981 euro per famiglia, evidenziando un divario di -126 euro con la media nazionale e di -214 con quella del Centro. Tra le province è la Capitale ad evidenziare la spesa per famiglia più elevata (2.033 euro), seguita da Viterbo (1.897) e Frosinone (1.855); più modesta è stata la spesa familiare rilevata a Latina (1.770) e Rieti (1.743), rispettivamente 72a e 73a nella graduatoria delle 103 province italiane.

Roma, 31 Gennaio 2016

Marcello Grotta